18 Aug 1945

Lettera del com.te del campo di Wietzendorf, inviata al comando inglese

Signor generale,

la prego di permettere che io, spogliandomi della mia qualità di comandante del campo 83, le esponga in via del tutto privata e personale, alcune considerazioni che servono a spiegare lo stato morale e disciplinare degli italiani di Wietzendorf ed in particolare degli ufficiali.
Nella guerra ora finita, l’Italia ha un ruolo che forse non ha precedenti nella storia.
L’8 settembre fu per noi, più che una svolta, una redenzione, L’esercito italiano, male armato, male equipaggiato, disorganizzato, con i tedeschi in casa, ha fatto quello che ha potuto.
Io posso citare tre episodi dei Balcani:
Ragusa: dove il generale Amico della divisione Marche è stato assassinato con un colpo di pistola alla nuca per avere ordinato la resistenza;
Spalato: dove sono finiti fucilati tutti gli ufficiali comandanti di reparto, fino ai comandanti di compagnia inclusi;
Cefalonia: dove sono stati fucilati tutti gli ufficiali della divisione Acqui, dal Generale Gandin, all’ultimo subalterno.
Dopo la cattura gli ufficiali si sono fatti deportare in massa nei campi di concentramento, preferendo la prigionia volontaria al disonore.
Il campo di Wietzendorf è stato costituito in Oflag 83 per gli ufficiali italiani provenienti dai campi della polonia, nella seconda meta del gennaio 1944.
Esso era stato in precedenza abitato dai prigionieri russi e sgombrati per le condizioni di inabitabilità, riconosciute da commissioni sanitarie germaniche; esso era ed è tutt’ora il peggiore campo di concentramento della Germania per condizioni di alloggio ed igienico militare. In questo campo hanno vissuto gli ufficiali italiani per 15 mesi, resistendo a tutte le pressioni, agli atti di forza , alle umiliazioni.
Il the star del 25/4/45 scriveva testualmente: il ministero della guerra ha preso debitamente atto delle dichiarazioni dei prigionieri inglesi che, senza l’aiuto della C.R. Essi non avrebbero potuto tenere assieme corpo ed anima senza nessuno aiuto della C.R, senza nessuno incitamento se non quello della propria fede.
Alla fame si è aggiunto il freddo che nell’inverno scorso ha raggiunto i meno 19, mentre dal tetto delle camerate non riscaldate pendevano ghiaccioli di trenta cm. In queste condizioni, tormentati dalla tubercolosi, dai reumatismi, dagli edemi, essi hanno resistito alla tragedia del lavoro obbligatorio.
I germanici riunivano gli ufficiali sotto la luce dei proiettori e la venivano impresari e contadini a scegliere gli schiavi per il lavoro; le proteste del comando e dei singoli, scritte nelle forme più energiche, servivano ad inasprire le condizioni.
I prescelti venivano portati a forza fuori dal campo, spogliati dei distintivi di grado e dei fregi dell’uniforme ed inviati a fare i facchini, gli scavatori di macerie ed i mozzi di stalla; ma ben 4000 ufficiali sorretti da una sovrumana volontà di resistenza ed assistiti dalla Provvidenza divina e dalla rapida avanzata degli eserciti alleati, erano ancora nel campo, scheletri viventi nel campo della liberazione.
Il 22 aprile ’45 assieme ai 3000 ufficiali francesi che avevano raggiunto il campo negli ultimi mesi, in seguito allo sgombro dei campi dell’est e dell’ovest, gli ufficiali italiani furono alloggiati a Berghen, nelle abitazioni civili. Subito furono compilati elenchi di partenza, ma mentre gli ufficiali francesi iniziavano il rimpatrio, quelli italiani, il 1 primo maggio furono fatti rientrare al campo di Wietzendorf.
Questo provvedimento, dovuto a ragioni logistiche non discutibili, ebbe gravi ripercussioni sul morale degli ufficiali italiani; esso fu considerato, anche se a torto, come una punizione o un mancato riconoscimento, perché significa il ritorno in quelle baracche in cui tutti per mano germanica avevano troppo sofferto.
Il ritorno al campo poi era avvenuto sotto la formale promessa di una sosta di pochissimi giorni in attesa del rimpatrio.
Ora, dopo due mesi il campo è costituito da una comunità di oltre 7000 italiani, con quasi 1000 ufficiali senza uniforme, ridotti dai germanici, in violazione dei diritti dei popoli, allo stato di civili e tra essi purtroppo, anche un piccolo numero di elementi deportati dalle carceri italiane dove scontavano pene per reati militari e comuni. Questi ultimi hanno molto sofferto perché sono sopravvissuti del campo di Belsen, ma pur sempre elementi di disordine; in questa comunità vi sono elementi tarati, altri irresponsabili, altri leggeri in minima percentuale ma ci sono moltissimi che turbano la disciplina e con essa la vita stessa di questo campo che non può che deprimere la dignità degli, ufficiali, colle sue orribili camerate infestate da parassiti, colle maleodoranti latrine con l’assenza di qualsiasi possibilità di vita più elevata come ad esempio:

  1. La limitazione giornaliera della libertà di uscita che è applicata solo agli italiani , mettendoli solo in uno stato d’inferiorità rispetto agli altri prigionieri che ne usufruiscono;
  2. Il vitto molto più basso di quello degli altri campi della zona, in genere deficiente per quel che riguarda frutta fresca e verdura;
  3. La mancanza di posta o comunque di notizie dalle famiglie
  4. L’assenza di organi responsabili di collegamento del governo italiano, fatto questo che sarà indubbiamente giustificato da ragioni superiori, ma che resta pur sempre tale e che da un senso di penoso abbandono;
  5. L’ansiosa attesa del rimpatrio del quale gli italiani sono ormai gli ultimi;

Questi ed altri fattori meno importanti provocano uno stato di depressione morale e di irritazione tra tanti dal recente passato così tanto sofferto.
però io con orgoglio di soldato,posso affermare che questo è il campo che più ha sofferto, che più ha resistito, quando la resistenza era eroismo e che ha più meritato.
La realtà vissuta da questi italiani non è conosciuta pienamente ma è tale da gettare sui germanici una vergogna non inferiore a quella che viene da altri campi oggi tanto conosciuti.
I 4000 ufficiali chiedono questo riconoscimento che può essere pure la legittima ambizione del soldato che ha ben combattuto ed ‘e certamente un titolo di orgoglio ed un merito per la patria che in questi figli ha avuto i degni compagni dei patrioti dell’alta Italia e dei soldati dell’esercito regolare.
Io subordinatamente chiederei a lei, signor generale, di visitare il campo. Sarebbe per tutti un premio di alto valore morale, per quanto hanno sofferto e debbono ancora dare alla Patria.
Sarebbe un onore per questi ufficiali e soldati, mal vestiti ma sani nello spirito, essere passati in rivista da lei.
Noi possiamo dire con franchezza di essere stati per venti mesi nei ranghi come veri combattenti a fianco degli alleati.
E’ interesse per l’Italia che tutti questi uomini, tra cui vi sono elevati valori, tornino alle loro case nello stato d’animo in cui hanno accolto i liberatori, stato d’animo che è nelle tradizioni dei due paesi e che, dopo venti anni di traviamento fascista , ritorna colla suggestione della strada ritrovata.
La prego di gradire, signor generale, i sensi della mia stima più profonda e devota.

Ten.col Pietro Testa
Campo italiano 83
Wietzendorf

87 thoughts on “Lettera del com.te del campo di Wietzendorf, inviata al comando inglese

  1. ALBERTO MANZI says:

    Scrivo questo commento per mio padre Mario, uno dei 4000 ufficiali del campo di Wietzendorf. Sono nato nel 1960 e sono cresciuto e vissuto nei racconti e nel rispetto della sua storia. A 24 anni, preso prigioniero in Grecia dopo l’8 settembre 1943, preferì affrontare 20 mesi (ma quando lo scelse non sapeva se e quanto sarebbe durata la sua vita!) come prigioniero nel campo di concentramento piuttosto che aderire alla Repubblica nazi-fascista di Salò. Quel suo gesto, insieme a quello di tutti gli altri, permette a chiunque di vivere oggi in libertà. Nessuno deve dimenticarlo ed è dovere di tutti ricordare quello che è stato quel periodo e cosa significa per noi oggi la scelta che quei giovani allora fecero a loro rischio e pericolo. Viva la libertà! Viviamola, apprezziamola e, sperando che non ce ne sia più la necessità, difendiamola con tutte le nostre forze per i nostri figli, come fece mio padre insieme agli altri ragazzi di Wietzendorf in quei mesi del 1943/45.

    • marcella minissale says:

      caro sign.Manzi io sono la figlia di un ufficiale di artiglieria che da Rodi,penso come suo padre,fu deportato in polonia e poi nel campo di Wietzendorf da cui è uscito vivo rimpatriando nel 1945 Cortesemente,Le vorrei chiedere se mi può dare una mano a ricostruire questo tristissimo percorso della sua vita .La ringrazio anticipatamente. cordiali saluti
      P.S.mio padre si chiamava Salvatore Minissale,Ronsisvalle ,nato a S.Maria di Licodia( CT) il 12 ottobre del 1910.

    • Sergio Petrocchi says:

      Mio padre Leandro Petrocchi fu deportato in Polonia a Sliedlce da Rodi e poi nel campo di concentramento di Wietzendorf. Sono in possesso di molte lettere (rinvenute per caso) che lui scriveva alla famiglia ed a mia madre con cui allora era fidanzato. Purtroppo in queste lettere lui non dà molte notizie circa lo stato in cui si trovava. Il sentimento che è evidentissimo è invece l’angoscia per la mancanza di notizie e la preoccupazione per i suoi cari in Italia. In vita anche raccontò poco, purtroppo poco. Sono stato in Polonia a Sliedlce, ma il campo non c’è più. Ora vorrei recarmi a Wietzendorf.

  2. carla marmo says:

    Ho letto con grande commozione questa lettera, che ho trovato nell’archivio del’ ANEI di Roma. In poche pagine sono stigmatizzati anni di storia, fenomeni di malcostume, ahimè, tipicamente italiani, ma soprattutto una capacità di resistenza più grande della barbarie e dell’inettitudine.
    Desidero sapere se posso utilizzarla come prefazione a una pubblicazione su mio zio : Scaglione Tomaso, che a Witzendorf si è rifiutato di collaborare e ha narrato la sua storia sul quaderno n. 11,pubblicato dall’ANEI.
    Cordiali saluti

    Carla Marmo

  3. Gualtiero De Conti says:

    Fatemi cortesemente sapere…. Mio nonno Bertazzon Giuseppe c’era.E..si!! E’ riuscito a tornare a casa vivo.ho della documentazione. Grazie
    Gualtiero. Cell 335 5473876

  4. Carolina says:

    Bellissima lettera…sarebbe ugualmente bellissimo se trovassi qualcuno ancora vivo che si ricordasse di mio nonno Sottotenente Ardizzone Giuseppe anche lui Witzendorf….so che è quasi impossibile…Purtroppo è morto quando avevo solo 5 anni. Non ho avuto modo di conoscerlo bene e di parlargli in età matura. Cerco di conservare la sua memoria ma ho veramente poco. Conservo solo un paio di lettere ricevute ed inviate dal campo.

  5. Tiberio Martinelli says:

    Con sorpresa e commozione ho letto quanto disponibile su questo sito.
    Da poco ho trovato un diario di prigionia in Wietzendorf e Sandbostel scritto in loco da mio zio tenente medico Leone Martinelli di Vicenza. Racconta cose orribili e molto interessanti, alcune politicamente poco divulgabili. Le condizioni della scrittura non si addicono ad una agevole e corretta ricostruzione dei racconti giornalieri stante la precarietà dei mezzi di scrittura e soprattutto la paura di essere scoperto.Mi inchino a tutti coloro che nonostante immani sofferenze hanno sempre tenuto alto il nome della amata Patria Italia. A presto. Tiberio Martinelli. Via Ponte Catullo 11; 37044 Cologna Veneta (VR)

    • Nino Frasio says:

      Caro Martinelli, mio padre Cap. Enzo Frasio del 4° Reggimento Alpini fu anche lui “ospite” di Sandbostel e Wietzendorf. Potrebbe vedere se fra gli scritti di suo padre c’è qualche riferimento a lui? Grazie.

  6. flavia says:

    questa lettera e altri documenti sono sempre fonte di desiderio di saperne di più. Mio Zio Lanza Giuseppe di Ettore, della Divisione Acqui, dopo l’eccidio di Cefalonia è stato portato nel campo ” Stalag 352 (44) (SC o 5c) MINSK il suo numero di prigioniero era 17228, come riesco a leggere su una sua cartolina. Ho cercato ma non ho trovato tracce del percorso da Minsk a Danzica dove si dice sia morto sotto un bombardamento il 25 marzo 1945. Cerco notizie. Lo zio era nato a Cerea, frazione Asparetto in provincia di Verona, nel 1916-

    • Annibale Mansillo says:

      Dall’albo dei Caduti della seconda guerra mondiale risulta che suo zio era nato il 23.07.1916 ed è morto a Danzica il 25 marzo 1945. Evidentemente, al rientro in patria, qualche suo commilitone può averlo dichiarato alle commissioni che interrogavano i reduci. Non credo lo abbiano comunicato i Tedeschi che erano in fase di ripiegamento.

  7. PASTORE MICHELE says:

    Mio padre, classe 1913, fortunatamente ancora in vita era ufficiale dell’esercito regio a Wietzendorf. Desidererei sapere in quali campi della Polonia gli ufficiali italiani erano stati prima.

    • Filomeno Mottola says:

      Caro amico, mio padre Antonio Mottola e’ stato prigioniero a Wietzendorf esattamente in quel periodo. Come tuo padre. Deportato dalla Grecia. Anche lui , sottotenente, era della classe 1913. E’ deceduto circa 20 anni fa, in vita aveva un terribile blocco a parlare di quella esperienza. Ho alcuni piccoli ricordi suoi del campo : una sua foto, la piastrina di ufficiale e quella di prigioniero (Stalag III B, matricola 308894). Era un antifascista convinto. Quando parti’ in guerra, lascio’ a casa , in Puglia (provincia di Foggia) una moglie meno che ventenne ed un figlio (il sottoscritto ) di pochi mesi. Cerco un qualsiasi elenco, un ricordo , una traccia di quella sua esperienza. Grazie.
      Filomeno Mottola-Massa(MS)

    • NERI DONATELLA ROBERTA says:

      Mio padre (1918/1993) era il Tenente ANTONINO NERI – 48MO ARTIGLIERIA DIVISIONE TARO–a Wietzendorf matricola IMI 8638 era una persona molto metodica che parlava poco dei suoi trascorsi ma per fortuna ha lasciato foto, lettere e altro. Dal retro di alcune desumo dei nomi: Renato De Benedetti-O.Liguori-?Cucchini-Nino Belletti-Alfredo Brandolini-Balestrieri G. Il suo foglio matricolare recita ” catturato dai tedeschi il 12/9/1943 a Tolone-deportato a Beniaminowo-poi Cholm ( o Chelm) poi Biala Podlaska e poi a Wietzendorf dal quale venne liberato il 16 aprile 1945. Torno’ a casa nel settembre 1945. Sono in mio possesso anche alcuni fogli di servizio di persone per le quali mio padre attesto’ la presenza in zone di guerra sul fronte greco albanese ovvero dei Sigg. Mamone Domenico nato a Rizziconi (RC) il 12/5/1915–Tripodi Paolo classe 1912-Cogliandro Antonio di Antonino e Mercurio Antonia nato a Montebello Ionico (RC) il 26/11/1918 al foglio è spillata una foto di gruppo nella quale oltre a mio padre ci sono anche altre sei persone-note rilasciate nell’interesse di Putorti’ Michele pat. Paolo- un ritaglio di carta che riporta i nomi :Ten. PERTICONE-Ten. BONAVITA- ten. STRANGES- Cap. Liguori (già citato)- ten. PUGLIESE-Ten. DE LUCA- Magg. DE FALCO-Ten. PICCININI-Ten. PRIMERANO-Ten. FLORIO-Ten. CUTULI-Ten. COZZOLINO- Cap. BALDARO-Ten. FIORE non so pero’ a quale periodo si riferisca –Ho note e lettere del Tenente FABIO QUINTO di Salerno con corrispondenza personale anche successiva al 1945 ultimo indirizzo Via G. Centola 13 Salerno ( ho una lettera del 1948 nella quale cita due figli gemelli Elio e Ezio nati nel 1947 o 1948 nonchè un fratello presumibilmente residente a Gorizia del quale non aveva piu’ avuto notizie)- vari attestati a firma del Ten. Col. Pietro Testa -viene menzionato anche un cugino avente matr. IMI 8641 a nome VINCENZO NOTARIANNI ( da quale che ricordo, sono nata nel 1961) residente a Vibo Valentia. Se qualcuno ha qualche memoria di lui mi contatti per favore. dal libro di Luca Frigerio mi sembra che tutti coloro i quali furono catturati in Francia abbiano subito la medesima trafila sino a giungere all’Oflag 83.

    • Annibale Mansillo says:

      Erano diversi i campi di concentramento presenti in Polonia, ma essenzialmente quelli per ufficiali erano: Zajerzierce, Leopoli, Deblin (dov’era mio padre), Benjaminovo e Bialystock.

      • Teresa Guccini says:

        Mio nonno è stato allo Stalag 328 e all’Oflag 76 di Leopoli prima di essere trasferito a Wietzendorf.

  8. Nino Frasio says:

    Anche mio padre, il Cap. Enzo Frasio del 4° Reggimento Alpini, fu rinchiuso a Wietzendorf e fu uno degli ultimi ottantatre ufficiali Italiani a lasciare il campo per rientrare in Italia.

    • NERI DONATELLA ROBERTA says:

      Mio padre torno’ a casa nel settembre del 1945-era nel 48mo Art. div. TARO

    • Annibale Mansillo says:

      Buonasera. Leggo solo ora e confermo che anche mio padre, tenente Giovannino Mansillo, 13° artiglieria da montagna, reduce da fronte greco e fronte balcanico, è rientrato insieme agli ultimi ufficiali di Wietzendorf nella prima settimana di Settembre.

      • Andrea Del Poggetto says:

        Buongiorno! Leggo solo ora tutte queste comunicazioni e rimango emozionato. Da decine di lettere mandate da mio padre Sten. MARIO DEL POGGETTO dal campo di Wietzendorf, ho ricavato la sua storia di prigioniero di guerra. Mio padre apparteneva al 1^ gruppo del 18^ reggimento artiglieria di stanza a Larissa in Grecia, dove fu catturato dalle truppe tedesche il 9 settembre ’43. Dopo 20 giorni di sosta nella caserma, disarmato dai tedeschi, fu caricato su carri bestiame e trasportato a un primo campo a Kaisersteinbruch, vicino Vienna, da dove proseguirono per Leopoli e infine nel gennaio 1944 a Wietzendorf sotto il comando del Colonnello Testa, Lager Oflag 83. Il suo numero di prigioniero era 31000. Fu liberato in Aprile ’45 dalle truppe inglesi, salvandosi miracolosamente dalle cannonate che gli inglesi tiravano sui bunker nei quali i tedeschi come ultima cinica malvagità avevano richiuso alcuni prigionieri durante la loro ritirata.
        Mio padre, classe 1921 è morto in ottobre 2017 e spesso mi raccontava dei lavori forzati che i tedeschi lo obbligavano a compiere nella brughiera accanto al campo, per raccogliere e tagliare legna da consegnare agli abitanti della cittadina.
        Quando gli inglesi lo ricoverano pesava 45 kg dai quadi 80 kg che era al momento della cattura.
        Siamo tornati a Wietzendorf nel 1969 perché il babbo era desideroso di rivedere quei posti e farli vedere a tutta la famiglia. Il campo non c’è più, l’area è diventata militare e con accesso negato, ma si distingueva chiaramente il fossato perimetrale con accanto la boscaglia.
        Se qualcuno, leggendo questa descrizione, avesse ulteriori notizia da darmi, sarò felice di scambiare le informazioni che ho a disposizione.
        La mia mail è andreadp1@hotmail.com

  9. Marco Fabbri says:

    Mio nonno Fabbri Tonino (deceduto qualche anno fa)era un granatiere ed aveva combattuto sul fronte greco-albanese. Raccontava di essere stato prigioniero in Germania (quindi credo a Wietzendorf), ma raccontava anche di essere stato trasferito cn una lunghissima marcia in inverno fino a Konigsberg (l’attuale Kaliningrad) passando per Danzica. E’ possibile? C’è qualcuno che ha notizie di questo fatto?

    • NERI DONATELLA ROBERTA says:

      Dalle testimonianza in mio possesso relative a mio zio NERI ARMANDO IMI 19159 penso si possa trattare dello Stamlager XIIIA. Spero di esserle stata utile,mio zio è tornato vivo ma è morto nel 1972 non sono in grado di fornire altri dettagli, mi dispiace.

  10. Magda says:

    Anche mio nonno, Tenente Pietro Grigis di Bergamo, del 78mo RGT Lupi di Toscana fu internato a Benjaminow, Sandbostel, Wietzendorf, con Don Luigi Pasa, citato in questo blog, e Giovannino Guareschi.
    Sto cercando maggiori notizie, da aggiungere agli scritti che ha lasciato, in particolare sarebbe bello rintracciare qualcuno che lo ha conosciuto nei campi.

    • laura polverigaini says:

      Anche mio padre, Vittorio Polverigiani, anno 1918, fu pringioniero a Wietzendorf (da Lero in Grecia); con lui c’era anche Guareschi, quindi probabilmente in baracca vicina a quella di suo nonno. Mio padre è morto nel 2004 ma ho uno zio (classe 1921) che sta bene ed era anche lui nello stesso periodo nello stesso campo: proverò a chiedergli se ricorda suo nonno. Io so, tra le altre cose, questo: razione giornaliera: 40 gr. di margarina, un pezzo di pane nero contenente non si sa cosa e una scodella di broda con pezzetti rari di verdura e carne. Uscirono che pesavano 43/46 chili di ossa, 48 i più “grassi”. Le baracche erano di legno e le assi del soffitto non erano ben accostate, per cui di notte mio padre poteva vedere una stellina che gli teneva compagnia. Molti morirono di tifo. C’era l’attendente di un ufficiale prigioniero che lavorava nelle cucine e riusciva ogni tanto a catturare un topino. Il topino veniva cotto dal tenente dentro una gamellina con un po’ della margarina (e da lui mangiato, date le dimensioni era difficile dividerlo); i compagni, anche dalle altre baracche, venivano ad annusare il profumo. Un compagno di mio padre e mio zio annusava e diceva “tu dì quel che ti pare, ma questo è il profumo del “Diana”” (noto ristorante bolognese). Nelle baracche in questione (o forse in tutto quel campo) erano prigionieri quelli che non avevano accettato di lavorare per i tedeschi. i pacchi da casa arrivavano raramente. a mio padre non ne arrivò nessuno. dopo che furono liberati, a rientrare a casa ci misero sei mesi. spero di darle informazioni su suo nonno. laura polverigiani, faenza.

      • Fazio Gabriella says:

        Anche mio padre Claudio Fazio classe 1918 tenente 43° fanteria sul fronte greco albanese e’ stato ccatturato dai tedeschi e inviato nei campi di concentramento di Leopoli prima e Wietzendorf poi . Della sua prigionia purtroppo non ho ne’ corrispondenza ne’ lui parlava molto in famiglia. Quello che so l’ho tratto da libri e diari letti di altri prigionieri. Mi piacerebbe trovare altre notizie sulla sua prigionia .Chissa se qualcuno ha padri o nonni che possano aver raccontato di lui……

        • mikizzi says:

          Salve,
          Mio padre ha fatto esattamente la stessa esperienza. Le posso dire che nel diario la parola “FAME” è quella più ricorrente!

          Grazie

          Michele

  11. Franco Bazzi says:

    Quest’oggi ci saranno i funerali in Alessandria di uno degli ultimi ufficiali italiani internati a Wietzendorf, dott. Tomaso Parini classe 1920, avete qualche notizia su lui? Grazie

  12. stefano aldrovandi says:

    Ho letto con commozione la lettera del Col. Testa.
    Mio padre Ten. Renato Aldrovandi di Bologna fu fatto prigioniero l’8/9/43 in Francia mentre la 5^ Armata Italiana stava cercando di rientrare in Italia.Furono bloccati dai tedeschi vicino a Mentone e non poterono far niente per difendersi dato che tutte le munizioni le avevano spedite in Italia la settimana precedente.Puo’ far ”sorridere” la cosa ma ando’ proprio cosi’.Furono catturati e deportati a Wietznedorf via Leopoli.Mio
    padre mi ha raccontato sempre delle pressioni psicologiche a cui furono sottoposti(non ultima quella di passare davanti a loro prigionieri affamati con vassoi di uova,pancetta,pane,burro e bevande)per cercare di farli aderire alla repubblica sociale.
    Vedendo che non aderivano i tedeschi arrivarono al punto di simulare falsi momenti di fucilazione per spaventarli ma nonostante questi mezzi terribili nessuno si arrese sicuro di andare incontro a morte certa.I tedeschi non misero in atto i loro propositi e lasciarono i prigionieri a morire di inedia,di fame,di freddo,di malattie.Impedirono anche alla C.R. di distribuire generi di conforto ai prigionieri in quanto gli Italiani non erano considerati prigionieri ma ”ospiti del terzo reich” (e ultimo come scrisse qualcuno con grande coraggio su un cartello).Mio padre fu obbligato assieme a molti altri ad uscire dal campo nel febbraio 1945 come forza lavoro presso un ingegnere tedesco il quale si comporto’ umanamente, ma tutti i giorni chiedeva loro se sarebbero arrivati prima i russi o gli americani.Mio padre fu liberato dagli inglesi poco tempo dopo e perse circa 40 kg.Si considero’ sempre,nonostante tutto,molto fortunato per essere riuscito a tornare a casa vivo ed in discreta salute.Chiedo scusa di queste note che ho voluto scrivere su questo sito ma attraverso i racconti di mio padre questo terribile periodo storico lo porto sempre con me e ho raccontato come se fosse lui a scrivere queste note.
    Un caro saluto
    Stefano Aldrovandi Parma

    • NERI DONATELLA ROBERTA says:

      in una lettera scritta da Wietzendorf il 12/7/1945 indirizzata ai miei nonni mio padre Ten. NERI Antonino, in attesa dello sgombero del campo dopo la liberazione avvenuta il 16 aprile 1945 scrive ” Non posso scrivere di piu’.Al mio rientro, vi togliero’ tante curiosità e rispondero’ alle vostre mille e mille domande su come sono riuscito a sopravvivere due anni di fame, sete,freddo e pidocchi”. Aveva portato con sè ( e riportatato a casa!) il “Manuale dell’ingegnere civile” edito dalla Hoepli. Si teneva in vita studiando ( non riuscirà a laurearsi, resterà geometra). Non ha MAI piu’ mangiato patate e rape. Non era permesso buttare il pane avanzato. E proibito menzionare diete dimagranti: al suo ritorno pesava 36 Kg contro i consueti 70/72 kg.
      Le consiglio se non già fatto di consultare la pagina internet ad opera dell’ ANPI di Ivrea, che continua a mantenere memoria di quel campo tramite il Sig. Mario Beiletti. Grazie per la Sua testimonianza.

  13. OROMBELLO GIUSEPPE says:

    Sono il nipote del Capitano Orombello giovann battista dell’arma dei carabinieri anche lui fu nel lager con il numero di matricola 4763 se ce qualcuno che sa qualche notizia sua , lui ormai mori’ nel 1995 fu catturato mentre faceva il partigiano in albania

    Grazie spero notizie Giuseppe Orombello

  14. pietro pillone says:

    Davvero commovente questa lettera che mi rammenta il sacrificio di mio padre capitano Giovanni Pillone matr. 47176 internato in questo campo avendo scelto l’8 sett 43 di non collaborare con i tedeschi e la RSI ;fortunatamente riuscì a sopravvivere (54 kg alla liberazione a fronte degli 80 circa ) e racconto’ episodi di vita prigioniera memorabili. grazie per avermi permesso a seguito di una ricerca dell’ubicazione del campo di concentramento di Wietzendorf di poter manifestare questa mia grande emozione!

  15. Lanna Silvia says:

    Solo da poco ho scoperto questo sito anche in seguito alla Mostra di Carluccio al Museo della Resistenza di Torino e a un articolo tedesco ricevuto tramite un amico dal Comune di Wietzendorf . Mio papà , capitano Lanna Ubaldo , classe 1910 , era in quel campo . E’ stato fatto prigioniero a Nizza dopo l’8 settembre 1943 e dopo vari trasferimenti , è arrivato a Wietzendorf nel febbraio 1944 dove è rimasto fino all’agosto del 1945 partendo con gli ultimi del colonnello Testa . Rispondendo a chi chiede dei campi prima , so con certezza che è stato a Leopoli . Ho le lettere ( quelle non andate perse ) sui moduli speciali che si sono scambiate con la mia mamma .
    Ricordo quanto ci ha raccontato al suo ritorno e in seguito , e mi sono accorta che ci ha sempre risparmiato le notizie più spiacevoli . Ho un documento che testimonia il suo grado , proprio firmato da Testa , che è servito a mia mamma per il distretto militare di Ivrea per chiedere il sussidio economico .
    Mi piacerebbe rintracciare qualcuno che l’ha conosciuto o parenti che ne hanno sentito parlare . Grazie

    • NERI DONATELLA ROBERTA says:

      Le consiglio un libro da poco pubblicato il cui autore è S.E. Luigi Renzo, Vescovo di Mileto (VV): narra delle vicissitudini del padre, anche lui catturato a Nizza. Forse puo’ trovare qualche riferimento.
      Spero di esserLe stata utile.

    • Annibale Mansillo says:

      Gentile signora, anche mio padre, Giovanni Mansillo, classe 1906, proveniente da vari campi, è stato internato a Wietzendorf, da dove è stato evacuato solo ai primi di settembre insieme al ten. col. Pietro Testa. Ho la dichiarazione sottoscritta dal comandante Testa che mio padre non ha collaborato né con fascisti né con Tedeschi, proprio come quella di suo padre, credo. Purtroppo, mio padre è venuto a mancare nell’ottobre del 2000.

  16. elena biagetti says:

    Profondamente commossa, ho letto la lettera del Col. Testa. Anche mio babbo, tenente Dario Biagetti (Bologna, 28/3/1921- 9/12/2005), fu fatto prigioniero in Francia e rifiutò ogni collaborazione con l’esercito tedesco. Fu prima portato a Leopoli e poi da lì a Wietzendorf. Le descrizioni che in tante occasioni mi fece dei quel periodo di prigionia corrispondono a quanto riportato anche dal sig. Stefano Aldrovandi.
    Sono stata a Wietzendorf nel 1997. Trovare indicazioni del campo non è stato facile: sembra che tutto debba essere dimenticato, come se niente fosse successo. Percorso un sentiero attraverso un bosco, si raggiunge una piccola radura, dove un semplice cippo ricorda che lì morirono per malattia (era tifo petecchiale) prigionieri russi. Degli italiani e del loro sacrificio non v’è alcun cenno.
    Nonostante le immense sofferenze e le umiliazioni patite, mio babbo non mi ha insegnato ad odiare il popolo tedesco, ma solo la guerra e le sue aberrazioni.

  17. Giorgia says:

    Io non ho conosciuto mio nonno…è morto quando mia madre aveva 11 anni. Sto cercando di scoprire quale sia il campo dove è stato deportato, ma purtroppo ho solo 2 indizi. 1) era un campo di lavoro in una cava di pietra e 2) si trovava vicino ad un bosco “bosco di santa Genoveffa”. La storia di mio nonno è incredibile, infatti doveva essere fucilato per aver ucciso l’ufficiale tedesco che li sorvegliava mentre lavoravano. Al tedesco sembrava che mio nonno non volesse lavorare quindi aveva cominciato a picchiarlo, mio nonno per autodifesa riuscì ad ucciderlo. Per questo doveva essere fucilato. L’esecuzione doveva avvenire il giorno dopo. Portato in una cella, mio nonno si accorse che questa non era stata chiusa bene, quindi attese la notte e riuscì a scappare. Per tre giorni stese immerso nel letame della saia attorno al campo, dopodiché fuggì nel bosco di santa Genoveffa dove trascorse 6 mesi circa, dormendo sugli alberi e mangiando qualsiasi cosa. E la storia continua ancora, ma non voglio annoiare. Comunque non ho documenti relativi a mio nonno e due soli indizi, come faccio a ritracciare il campo dove è stato prigioniero?

    • NERI DONATELLA ROBERTA says:

      Molti campi sorgevano in prossimità di cave di pietra: potrebbe trattarsi di Flossenburg

  18. Giovanni says:

    Mio padre Domenico Acquistapace e’ deceduto nel 2006.
    E’ stato a Wietzendorf.
    Mi piacerebbe sapere se qualcuno ha qualche ricordo di lui.

  19. Alberto says:

    Ciao a tutti,anche io mio nonno,Alberto Mastrilli,deceduto nel 2008,è stato prigioniero a Wietzendorf.Qualche anno prima della sua morte,prese carta e penna e decise di scrivere qualche piccola memoria della sua prigionia.Ve la riporto,condividerla con chi è interessato e legato sentimentalmente a questa vicenda come me,mi sembra il minimo.

    Detenzione in Germania.
    Fui catturato dai tedeschi il 13 settembre del 1943,dopo due giorni di marcia e due notti nelle boscaglie della Croazia.Raggiungemmo il confine austriaco e lì ci diedero da mangiare con mestoli,orzo macinato,più paglia che orzo.Successivamente ci fecero salire nei vagoni bestiame.Due tedeschi ci pressavano dentro e non riuscivamo neanche a muoverci,chiusero i carri con lucchetti ed incominciò il viaggio.Viaggiavamo solo di notte,di giorno eravamo fermi nelle stazioni.Il viaggio durò sei giorni,senza che nessuno aprisse il carro.Giungemmo al campo di concentramento chiamato Wietzendorf,a nord della Germania,eravamo in 800,ci radunarono e l’interprete ci disse di non entrare nelle baracche,dove erano morti 40.000 russi,ma che anzi avremmo dovuto disinfettarle.Pioveva,faceva freddo e passammo tutta la notte un pò in piedi un pò in ginocchio,immaginate come eravamo ridotti.Al mattino ci radunarono e ad ogni 15 persone buttavano una fila di pane,circa 100gr a testa.Qualche giorno dopo l’interprete ci disse che 100 persone si dovevano fare avanti per andare a lavorare,ci misero la scritta IM (internato militare) dietro la schiena e sopra la caviglia.Poi ci condussero in un campo di lavoro,era organizzato come un campo di prigionia,con reticolati,ma non c’erano ne sentinelle ne caritte sopraelevate.Un soldato armato ci guardava.Al mattino un camion ci portava nella caserme,accompagnati da un civile armato con la scritta al braccio “Polizia Militare”;ci lasciava 20 per caserma e 20 nel poligono,dove trovavamo un altro capo civile che badava a quello che facevamo.Non era solo quello il nostro lavoro,durante i bombardamenti i civili rimanevano bloccati nelle loro cantine,noi dovevamo scavare per trovarli in vita.Quando attraversavamo la città non potevamo passare sui marciapiedi,i tedeschi ci sputavano e ci chiamavano traditori,nominado Badoglio.Tornati al campo la sera ci perquisivano e ci toglievano tutto,anche le poche patate che avevamo in tasca.Il giorno di Natale ci radunarono e un tedesco ci disse che non avremmo mangiato,come nelle altre feste dell’anno,un modo di ricordarci che li avevamo traditi.Quando arrivarono gli alleati i soldati tedeschi ci misero in mezzo al fronte:erano avanti a noi e si ritirarono,mentre dietro di noi giungevano gli inglesi.Fu la fine dell’angoscia e del terrore,dopo un breve scontro a fuoco,se ricordo bene.Nel settembre del 45 finalmente tornai a casa.Mi scuso con voi che leggete questo manoscritto,ma sono un 87enne con la sola licenza elementare.
    Alberto Mastrilli,6-6-1914

    Spero lo apprezziate,certe cose non vanno dimenticate,sono fiero di portare il nome di mio nonno e di poter condividere le sue esperienze,anche ora che non c’è più.

    • NERI DONATELLA ROBERTA says:

      In prossimita’ di Wietzendorf è stata ritrovata una fossa comune con circa 30.000 cadaveri, si presume russi.

  20. Emilio Briguglio says:

    Mio padre Letterio Briguglio nato a Messina il 2 aprile 1921, tuttora in vita e reticente a raccontare, era sottotenente del genio li a wietzendorf in prigionia nel periodo descritto. Dove potrei trovare qualcosa di più? Qualche foto o testimonianza? Sono un regista cinematografico e mi piacerebbe farne un documentario e/o un lungometraggio. Grazie. Emilio Briguglio

    • Gualtiero De Conti says:

      Emilio Briguglio ha recentemente lasciato un messaggio.
      Vi Chiedo cortesemente di coordinare un ns. contatto rendedogli pubblico il mio indirizzo mail gualtiero@deconticolladet.it.
      Di mio nonno Tenente Bertazzon Giuseppe ho documentazione interessante, anche lui prigioniero a Witzendorf. Parlo e scrivo tedesco, sono stato al Campo recentemente per raccogliere informazioni e quindi ho esperienze da condividere e ricordare.
      Gualtiero De Conti

      • Annibale Mansillo says:

        Ho sempre desiderato conoscere i luoghi che mio padre ci descriveva. Sapevo che non era rimasto più nulla a Wietzendorf. Tenterò di contattarti.

    • Gualtiero De Conti says:

      vedi messaggio

    • NERI DONATELLA ROBERTA says:

      Mio padre ten. NERI ANTONINO era anche lui a Wietzendorf. Città natale Reggio Calabria…chissà se suo padre ne ha memoria. Grazie in anticipo e comunque

  21. Fabrizio ferrari says:

    Salve a tutti la lettura di queste testimonianze e persone che cercano notizie mi coinvolge tantissimo. Sto raccogliendo la testimonianza di un reduce di Cefalonia sig.Elio buricchi classe 1920 , 3* reggimento artiglieria ( sotto il comando di aldo hngeller). Scampato all eccidio fu catturato , scampato all affondamento della barca che lo portava via, fu condotto poi in Polonia ( crede nel luglio del 1944) qui lavorava x fare le fosse anticarro e successivamente in Germania , fu poi liberato dai russi. Se qualcuno avesse notizie o foto del reggimento o mi aiutasse a capire in quali campi potrebbe essere stato vi sarei davvero grato. Saluti Fabrizio

  22. Orombello Giuseppe says:

    Capitano Giovanni Battista Orombello internato nel lager di Wietzendorf. n° 4763
    La storia della cattura in Albania :

    Voghera 2 Giugno 949

    Mio caro Dibilio

    Ho ricevuto a suo tempo l’anno scorso, la sua lettera che mi ha fatto vivo piacere innanzi tutto coll’emozione del suo ritorno e sue buone notizie.
    Non l’avevo mai dimenticato – come non la dimenticherò mai e mi dispiaceva a riuscire a conoscere sue nuove malgrado abbia domandato a tanti.
    Due comunicazioni ufficiali avevano comunicato la mia morte .
    ” CATTURATO DAI TEDESCHI IN ALBANIA E DAGLI STESSI FUCILATO”
    Dopo che ci siamo separati in seguito al pericoloso sbandamento nel gennaio 944 , vissi molte ore gravissimi e rischiose . Con una banda catturai il presidio tedesco del ponte DRAGATE sulla VOIUSSA presso TELEPENE”, rendendo così possibile il passaggio dell’intero raggruppamento di battaglioni verso ARGICASTROsalvandolo dall’ accerchiamento e combattimenti immediatamente successivi , trovatomi colla retroguardia in seguito a grave contusione al ginocchio sinistro tenni a bada i tedeschi e salvai ancora il raggruppamento col quale procedevano i Capitani VERDE e TAVIANI , ma fui ricatturato per la terza volta assieme a 24 partigiani albanesi e dopo 2 giorni di gravi sevizie che mi costarono alcuni denti perche comandante militare di partigiani, perchè persistetti a non voler collaborare coi tedeschi , perche trovata una pistola vicino al posto della mia terza cattura, perche non volli rivelare i nomi dei capi partigiani , l’itinerario che il raggruppamento seguiva, ne i depositi dei partigiani , Così il 31 gennaio 944 mandato al posto di fucilazione contro un muro di TELEPENE”
    Per miracolo mi sottrassi all’esecuzione, o meglio per premio alla mia assoluta fermezza di fedeltà al giuramento . Quella stessa fermezza che ebbi anche nell’ottobre 943 quando , come ricorderà nella VALLE DI RAMITZA-SMAKINA????? , appena ricevuto l’invito del GENERALE RAZZI?, vi dissi che era
    2

    una questione di onore e di dignità nazionale andare a combattere col comando truppe italiane della montagna contro i tedeschi e tutti mi avete seguito, anche Lei che rinunziò ad andare coi 20 compagni , in pianura per tentare l’imbarco per l’Italia meridionale.
    Perche vi era l’onore di Italia da difendere !
    Non le dico poi le angherie, privazioni , sofferenze provate successivamente.
    Però il 5 giugno 1944 appena tolto dalla segregazione e rinchiuso assieme agli altri internati , celebrai solennemente nel campo tedesco di Kustrin ( presso Berlino) , la festa dell’arma e feci comparire per la prima volta la bandiera nazionale e fu tutto un inno ai compagni rimasti caduti per la loro fedeltà e tenni un ferocissimo discorso anticollaborazionista. Questo mio atteggiamento tenni fino alla liberazione.
    Dopo i morti ed i grandi servizi alti, fui uno che più soffrì terribilmente, che combattè per la Patria e per l’Arma. …………………………………………………………………………………………………………………………………………….
    Feci onore all’arma ed alle forze armate , ma inutilmente, cosi i REPUBBLICHINI ,coloro che qui vivevano benissimo, alcuni arricchendosi ……………………… sono stati puntualmente promossi consolidando la carriera sul nostro sangue e sul nostro sacrificio. ………………………………………………………………………………………………………………………………………………… Ricordo ancora quando il 28 Novembre del 1943 , io Verdi e Taliani a COCI fummo catturati dai LEALISTI che volevano portarci fieri per collaborare con i tedeschi ed io e gli altri due capitani ci rifiutammo decisamente, sostenevamo che sarebbe stato disonorevole. Le ricordo ancora che lungo la stradetta che conduceva dove Lei stava , io avendo maggiormente, fui privato ( parola non chiara) , su cappotto e delle fasce gambiere ecc. E ricordo che l’indomani mattina 29 fu lei ad aiutarmi a fuggire nascondendomi sotto le frasche e ricordo ancora le tante peripezie.
    3

    L’onore innanzi tutto ma tutto è stato inutile Dio provvederà.
    Mi hanno chiesto un rapporto informativo sul suo conto e io lo rimesso alla tenenza di Serra San Bruno. Ho detto ciò che sentivo in coscienza di dire , per la decorazione della croce di guerra a Lei
    Se le posso essere utile mi scriva , oppure citi il mio nome .
    NON POSSO DIMENTICARE CHE ERA LEI A PROCURARMI OGNI TANTO QUALCHE PEZZO DI PANE E QUALCHE CIPOLLA INVECE DEL PANE, quando morivano di stenti per tener fede al giuramento
    i repubblichini non possono averne nemmeno l’idea .
    Se altri militari nostri compagni di fedeltà hanno bisogno di me , mi scrivano e di tutti e per tutti costoro continuerò ad interessarmi . Io ogni settimana faccio 2-3 relazioni per nostri compagni di fedeltà ritengo che diversi di costoro non facciano il mio nome perche come tanti altri mi sappiano ucciso in Albania .
    Sono vivo e più quanto posso essere utile ai compagni fedeli lo faccio molto volentieri e subito

    Saluti cordiali ed auguri

    Capitano Orombello G. Battista
    Mio zio e morto nel 1994 chiunque sa qualcosa , le saro molto grato di farmelo sapere Grazie Giuseppe Orombello

    • Annibale Mansillo says:

      Solo per correggere il nome delle località citate che conosco bene per essere stato nella primavera del 1941 il teatro di guerra della divisione Ferrara a cui apparteneva mio padre, primo capitano Giovanni Mansillo, le cittadine si chiamano Tepeleni ed Argirocastro.

  23. susanna malaguti says:

    Mi unisco alle tante voci sopra citate per segnalare che con il triste evento della morte di mio padre Malaguti Lorenzo, 92 anni, nel mese di aprile 2014, ho rinvenuto lettere e un diario, e altro, del periodo di prigionia a Wietzendorf.
    Sto iniziando un lavoro di trascrizione del materiale, e gradirei molto avere notizie da qualcuno che lo avesse per caso conosciuto.
    Lasciero’ naturalmente la mail, nel caso.
    Vi ringrazio.

  24. Antonio Stanizzi says:

    Mio padre Stanizzi Raffaele nato a staletti cz 22/03/1920, ha partecipato dal 18/ottobre/1942 al 08/settembre 1943 alle operazioni di guerra nei Balcani (Grecia-Albania) 3 Reggimento Granatieri.Catturato prigioniero dai Tedeschi in Atene 08/09/43.Internato in germania il 12/09/1943.Rimpatriato dalla prigionia il 13/06/1945.Vorrei sapere se qualcuno sa dirmi quale potrebbe essere il campo di prigionia.E se qualche familiare di ex prigioniero ha qualche documento in merito. Grazie. Stanizzi antonio 3388334873 Montepaone cz

  25. Francesco Zati says:

    Mio padre si chiamava Vittorio Zati, classe 1918, scomparso nel 1990, era sergente nel 10° Reggimento Lancieri Vittorio Emanuele II. Il 9 settembre 1943 fu catturato da elementi croati e da costoro consegnato ai tedeschi. Fu impiegato in vari lavori coatti in miniera (salgemma e carbone) in diversi campi di concentramento, prima come IMI, poi come “lavoratore civile” fino alla fine della guerra. Venne liberato dagli americani nel maggio 1945. Vi sarei grato se qualcuno che lo ha conosciuto potesse darmi qualche informazione su di lui. (francesco.zati@poste.it)

  26. Stefano aldrovandi says:

    Mi sono recato diverse volte nella chiesa di sant’ambrogio a milano per poter vedere il presepe del campo di wietzendorf ma purtroppo non sono mai riuscito a vederlo e’ ancora in quella chiesa oppure gli hanno cambiato ubicazione ? Sarebbe cosa graditissima se potessi avere notizie un caro saluto a tutti ed in particolare alla signora parenti neri donatella per le informzioni fornitemi ed alla signora biagetti elena per aver condiviso momenti di vita terribili di wietzendorf (il campo allora non esiste piu’ ? ) stefano aldrovandi

    • mikizzi says:

      onestamente io non ne ho idea, mio padre non mi ha mai parlato del presepe, a quanto ricordo.

  27. Raffaella Ippoliti says:

    Salve a tutti,
    mio nonno materno, Gino Fava, soldato semplice (presumo, anche perchè figlio di contadini nato e cresciuto in provincia di Ancona) è stato catturato dai soldati tedeschi dopo l’armistizio ed è stato recluso in un campo di lavoro in Polonia per circa due anni.
    Questo è tutto quello che so, mio nonno è morto nel 2008, è sempre stato molto reticente a raccontare questa esperienza e sin da bambina mia madre mi tratteneva dal fargli domande in merito. Le poche notizie che sappiamo in famiglia sono depositate da mia nonna, ancora viva, la quale però non è a conoscenza di molti dettagli, o probabilmente non li ricorda tutti, sia per la sua età sia per l’aver conosciuto mio nonno vari anni dopo la sua liberazione.
    Quello che vi chiedo è la gentilezza di indicarmi se esiste qualche archivio, o qualche pubblicazione, dove poter cominciare delle ricerche. Questo episodio è parte della storia della mia famiglia, quindi della mia storia, e vorrei saperne di più…il mio timore è che anche quando mia nonna non ci sarà più, tutto questo verrà pian piano dimenticato.
    Vi ringrazio per l’attenzione e apprezzerò ogni suggerimento che potrete darmi.
    Raffaella

  28. Catena says:

    Ciao – Vorrei sapere alcune ulteriori informazioni su Wietzendorf . Il zio di mio Domenico Calarco è stato un detenuto di Wietzendorf e sopravvissuto grazie a Dio , ma non abbiamo una foto o qualsiasi altra informazione . Mio zio e` emigrato in Australia nel 1954 dove si è incontrato con un altro detenuto mentre lavorava sulle ferrovie di Sydney in Australia ! Ci può aiutare a rimandarci un archivio di cui sono stati mantenuti gli elenchi dei detenuti ? Tutte le informazioni si hanno Sarebbe meraviglioso …… Cordiali saluti , Catena Calarco

  29. SALVATORE D'AMICO says:

    15 FEBBRAIO 1945 – 15 FEBBRAIO 2015

    Il 15 febbraio 1945 il Comandante del campo di concentramento di Wietzendorf firmava il permesso di uscita del Militare Italiano Internato D’AMICO CARMELO.
    Si concludeva così la prigionia, durata dal 9 settembre del 1943, di mio Padre ( classe 1920), Tenente di Sussistenza alla Direzione del Commissariato di Rodi ( Egeo), prelevato dalle S.S subito dopo l’armistizio.
    Deportato dapprima a Oberlagen, durante il trasferimento ad altro campo in convoglio ferroviario, venne ferito dal “ fuoco amico” in un mitragliamento di caccia inglesi, con perforazione di entrambe le cosce.
    Ricoverato in fin di vita nell’ospedale dell’Oflag XB del campo di Sandbostel, venne curato dal Dr. Enzo Gradoli che lo salvò dalla setticemia.
    Dimesso nel settembre 1944, passò al campo di Wietzendorf – Oflag 83 – Matricola 108232- , il peggior campo per condizioni igieniche, dove, tra gli altri internati vi era anche Guareschi che cercava di sollevare il morale dei compagni di sventura, destinati ai lavori forzati, con le sue note vignette.
    Sopravvisse alla fame ed al freddo solo grazie al fisico robusto facendo una “dieta forzata” che lo portò dai 90 chili iniziali ai 50 dell’uscita.
    Non gli è mai piaciuto raccontare quel periodo ma, rimasto fedele alla Patria, venne insignito del Distintivo dei Volontari della Libertà quale deportato nei lager che aveva rifiutato la liberazione ed il disonore a fronte della collaborazione con i tedeschi e la R.S.I.
    Nei 70 anni dalla liberazione, nel tuo ricordo.
    Salvatore d’Amico

  30. Torelli Luciana says:

    Mio padre Torelli Ruggiero classe 1923 fu preso prigioniero a Mestre, mentre da Lucca, sede temporanea dell’Accademia di Modena, raggiungeva la madre e la sorella che, sfollate da Napoli, si erano recate da alcuni parenti residenti a Trieste. Essendo in divisa fu adocchiato e preso prigioniero, probabilmente fu portato come primo campo a Weitzendorf, ma è stato anche Dusselorf e Sandbostel. Il 2/06/2011 gli è stata conferita, a Salerno, la medaglia al valore come reduce dai campi nazisti.

  31. Trisoldi Riccardo says:

    Ho rintracciato tra le vecchie carte di mio padre – tenente Franco Trisoldi – una carta di corrispondenza mancata oflag 83. Da qui sono risalito al sito. Ho alcuni nitidi ricordi dei pochi racconti fatti da mio padre sul campo di concentramento di wietzendorf e su quanto ha patito. catturato in Grecia venne deportato in Polonia e poi a Wietzendorf . Cosa ha sofferto l’ho capito solamente quando e’ morto 30 anni fa. Nel delirio mi afferro’ con le poche forze che gli restavano dicendomi: scappa, scappa che i tedeschi ti uccidono!

    • mikizzi says:

      Caro Riccardo, mio padre era del ’19 mi ha avuto 36 anni fa. Purtroppo se n’e’ andato il 25 febbraio scorso, non sai quanto mi faceva piacere condividere con lui, le vostre richieste ed esperienze. Comunque davvero toccante il delirio di suo padre.

    • Lucia Forabosco says:

      Caro Riccardo Trisoldi, forse mio padre Giovanni classe 1913 è stato in prigionia con il suo?Anche lui era in Grecia (ufficiale di marina) e portato a Leopoli (Polonia) e da lì a Wietzendorf . Ho postato ieri una foto su FB di un gruppo di ufficiali a Wietzendorf scattata nel marzo 1944…Può contattarmi su Fb con messaggio o chiedendo l’amicizia….

      • Teresa Guccini says:

        Buonasera Lucia, anche mio nonno Ferruccio Guccini è stato catturato in Grecia il 9 settembre del 43 e deportato a Leopoli e poi a Wietzendorf. Mi piacerebbe poter vedere la foto che lei ha postato su Facebook.

  32. Tripodi umberto says:

    Mio padre tripodi Giuseppe tenente medico era nel campo di witzendorf periodo 1943/45 dopo essere stato catturato a spalato

  33. Anche mio padre Tenente CASCONE EMANUELE, classe 1921, ha trascorso piu’ di 1 anno a Wietzendorf. Da Ragusa, studente universitario, era stato inviato nel 1941 alla scuola ufficiali di Trieste e successivamente in altre caserme del nordest; il 10 settembre 1943 è stato catturato dai tedeschi nella caserma di Schio (Vicenza) (http://www.lucavalente.it/modules.php?name=Prodotti&id_c=2)
    Da Schio, in carro bestiame, dopo un primo smistamento in un campo di Mantova ove separarono i soldati dagli ufficiali, fu trasferito nei campi di Thorn e Caestochova (PL) ove rimase per pochi mesi, poi al campo di Przemylis (PL) dove trascorse i primi mesi del 1944 per poi essere nuovamente spostato prima a Kustrin (D) e poi a Sandbostel (D) ed infine, nell’aprile 1944, al campo ufficiali italiani di Wietzendorf (D) ove rimase sino alla liberazione da parte dell’esercito inglese il 16 aprile 1945. La foto da prigioniero riporta la sigla ed il numero XX A 28773.
    Dopo la liberazione il rientro a Ragusa avvenne il 2 settembre 1945, dove ha riseduto sino al 1951, allorchè vincitore di un concorso, si è trasferito per lavoro in Toscana a Livorno, dove si è formato la famiglia e dove, sino allo scorso anno, ha vissuto.
    Sarebbe interessante incrociare qualcuno che abbia fatto lo stesso percorso o qualcosa di simile.
    Cari saluti a tutti
    Gianna Cascone-ANEI Livorno

  34. Paolo Miletto says:

    Mio padre, Carlo Miletto, Napoli 1917, tenente di fanteria, fu internato a Wietzendorf sino alla liberazione. Si rifiutò sempre di collaborare. Ritornò scheletrito. Nello stesso campo fu raggiunto dal fratello maggiore, Pietro, 1915, capitano medico, che fu addetto al lazzaretto. Un altro fratello, Guido, 1920, anch’egli ufficiale, anch’egli catturato, riuscì a fuggire dalla tradotta durante il trasferimento e si unì ai partigiani francesi. Altri tempi, altre tempre. Mio padre è morto nel 2007 a 90 anni. Nei giorni scorsi, svuotando la casa dei miei dopo la morte di mamma, ho ritrovato tutta la corrispondenza di guerra. Erano lettere piene di falso ottimismo e buon umore aventi lo scopo di rassicurare un padre ed una madre distrutti dall’avere tutti i figli prima al fronte poi internati. E le risposte dei genitori sono dolci e commoventi. Sono lettere splendide e struggenti che meriterebbero di essere lette da tutti.

    • mikizzi says:

      Ho creato questo blog per condividere l’esperienza di mio padre e dare un contributo alla memoria per non dimenticare. Purtroppo papa’ ci ha lasciati il 25 febbraio scorso all’eta’ di 96 anni e se non ci fossero stati i medici di mezzo sarebbe sicuro ancora tra noi. Condivido l’affermazione: “altri tempi, altre tempre”. In questo sito ho creato una sessione “Forum” magari potrebbe condividere una di queste lettere li’?!

  35. Lucia Forabosco says:

    Ho postato proprio ieri su FB una foto di un gruppo di ufficiali delle varie armi, tra cui mio padre Giovanni, nel campo di concentramento di Wietzendorf, foto scattata nel marzo 1944. Mio padre Giovanni Forabosco,classe 1913 ora deceduto, ufficiale della Marina Militare proveniva dal campo di concentramento di Leopoli in Polonia dove era stato deportato dopo che la sua nave era stata “catturata” nel mar Egeo…Di Leopoli ho copia del diario dal 25 ottobre al 1°dicembre 1943……Vi sono riportati i nomi di altri ufficiali :Brignole, Carbonara, Fasiello, Signori, Di Giorgio, Sposìto, Tommasini, Cappuccio, Lucci, Della Bernardina e altri…Vorrei pubblicare per voi la foto di Wietzendorf, ma non so come fare….

  36. Lucia Forabosco says:

    Salve Mikizzi, se vuoi puoi chiedermi l’amicizia su Facebook per vedere la fotografia di Wietzendorf (già solo il nome…) di cui parlo nel commento precedente…
    Guarda che ci sono 2 Lucia Forabosco, io vivo in provincia di Salerno…

  37. Lucia Forabosco says:

    non trovo il bottone allega file, qual’è…forse è meglio che fai tu..ho allegato la foto alla mail di risposta alla tua . Grazie ciao

  38. roberto says:

    Sistemando , dopo la morte della povera mamma, le care cose dei miei ho rivenuto 4 lettere, tipo cartolina postale aperta, di colore rosa, inviate a casa dal campo di concentramento. La commozione provata nel maneggiare quei documenti e’ fortissima. E pensare chi mio padre ( classe 1920 ) aveva 23/ 24 anni quando scriveva ( in perfetta grafia e con adeguata sintassi ) della sua situazione al campo. Che semplicita’, che valori, che affetto, quanta fede sincera ! Tra i compagni di prigionia ricordo che c’erano nomi illustri: il prof. Lazzati, Guareschi, Odorizzi, Gianrico Tedeschi ( il cofanetto…. non si incarta! ) Marcon di Venezia ed altri. Si parlava , tra l’altro di ” accademia” ossia, credo, di riunioni nelle quali chi poteva teneva delle lezioni, in materie svariate, per impiegare piu’ degnamente l’abbondante tempo a disposizione. Chi avesse ricordi al riguardo ed avesse mai sentito nominare il S.Ten. Mosconi Giuseppe di Chiaravalle farebbe cosa assai gradita nel riferirne.

    • Pamela says:

      Buongiorno Roberto,

      sono capitata per caso su queso sito e ho letto dei compagni di prigionia di suo papà.

      Volevo comunicarle che Sten. Giuseppe Marcon, nato a Venezia nel 1920, e zio di mio marito, è stato prigioniero dei tedeschi nel campo di Sandbostel e Witzendorf dal 1943 al 1945; anche lui nei suoi racconti citava i suoi colleghi: Tedeschi, Guareschi, ecc.

      Di lui purtroppo mi sono rimaste solo la piastrina di riconoscimento (nr. matricola 28646), il menu di capodanno 44/45, alcuni documenti e 3 foto di gruppo dei due campi di concentramento.

      Se eventualmente fosse interessato ad avere le foto, mi faccia sapere.

      Mi piacerebbe anche capire se il Marcon di Venezia a cui si riferisce nella sua lettera fosse proprio nostro zio; aveva sempre con sé un violino e partecipava alle manifestazioni che si tenevano nei lager.

      Grazie, spero che questa lettera possa aver un seguito,

      saluti

      Pamela

      • Raffaele Greco says:

        Giuseppe (Bepi) Marcon e suo fratello Carlo (mio nonno, io sono figlio di Alberta) erano entrambi a Wietzendorf. Ho la piastrina di Carlo, ovv: nm 366/1587.
        Tu devi aver sposato uno uno dei figli di Rino (il secondogenito), giusto?

        • Pamela says:

          Buonasera Raffaele, io ho sposato Francesco Marcon, primo genito di Antonio Marcon, fratello maggiore di tuo nonno Carlo.
          Se fossi interessato ai documenti che ti ho descritto sopra, scambiamoci i contatti e-mail tramite messaggio privato (ma non so come si fa!).
          Nel frattempo saluti a te e alla mamma Alberta da parte mia e di mio marito Francesco (cugino di tua mamma).
          grazie, Pamela Marcon

          • Raffaele Greco says:

            Ah, si, Francesco, Ingegnere, e lo zio Toni e la zia Licia, li ricordo benissimo. Nemmeno io so come si fa un mex privato, cmq mi trovi su facebook, se ce l’hai e li e’ tutto piu’ facile.
            E si, sarei interessato ad una copia dei documenti e ti posso mandare copia di quelli che ho io del nonno.
            Riferisco i saluti e ricambio, da parte di tutti. Raffaele Greco.

          • Pamela says:

            Sì esatto, e grazie mille per i saluti!
            Su Facebook non riusciamo ad aggiungerti perché ci sono tanti omonimi, quindi puoi provare ad aggiungere mio figlio che è registrato come Jacopo Mrc (io non ho Facebook!).
            grazie mille,
            Pamela

          • Raffaele Greco says:

            Fatto.
            Gli ho spedito un messaggio con la mia mail.
            A presto!
            Raffaele

  39. Armando says:

    Oflag G8
    233/67
    Numero di mio nonno

  40. Claudio Calcagno says:

    anche mio nonno, Gianluigi Dabove fu a wietzendorf, non ricordo granchè dei suoi racconti, ma ricordo quando mi faceva vedere e dediche sui libri autografati di guareschi, dal quale venne anche anonimamente ma inconfondibilmmente citato. c’è qualcuno che può condividere racconti foto o altro?

  41. riccardo Pertichi says:

    io sono il nipote di Pedrotti Sergio anche lui stato nel campo. ho rinvenuto una lettera del generale Pietro Testa datata 1 luglio 1945. Ho ritrovato anche i disegni di mio nonno e di altri prigionieri che avevano esposto ad una mostra nel giorno di pasqua del 45. Quando ho trascritto la lettera è stato commuovente, mi sono immaginato le condizioni di vita di umiliazioni e privazioni che hanno vissuto e soprattutto il senso di frustrazioni del non poter rimpatriare…

    • paola cintoli says:

      Sono una studiosa che sta pubblicando una ricerca sui pittori militari internati nei Lager nazisti, promossa dall’ANEI, (“Associazione Nazionale Ex Internati”), presso la Casa della Memoria e della Storia di Roma.
      Sarei molto interssata a conoscere le opere e la biografia di Sergio Pedrotti, di cui non sono riuscita a trovare alcuna informazione.
      In attesa di un cortese riscontro, cordiali saluti,
      Paola Cintoli

  42. Raffaele Greco says:

    “Marcon di Venezia” era mio nonno. Carlo Marcon, ingegnere. Oppure suo fratello minore, Giuseppe Marcon. Entrambi internati a Wiezendorf.

    • rolfo56 says:

      Ricordo che il Marcon , fraterno compagno di prigionia di mio padre, era ingegnere e, dettaglio, se ricordo bene, aveva casa in Canal Grande. Ricordo che si rividero a Venezia ed ho anche la foto del loro commovente incontro.

      • Raffaele Greco says:

        Esatto! Carlo Marcon, classe ’16, ingegnere civile idraulico. La casa a cui ti riferisci e’ Ca’ dei Cuori. La casa di famiglia in cui adesso abitiamo io e i miei figli.
        Se ti capitasse tra le mani quella foto e riuscissi a farne una copia digitale/scanner, fammelo sapere che sarei interessato a conservarne una copia tra tutti i documenti che lo riguardano.
        Saluti. Raffaele Greco.

        • rolfo56 says:

          La foto dovrebbe essere nella disponibilitá di mio fratello che dopo la scomparsa dei mei é andato a vivere nella casa paterna e che , con calma, sta vagliando ogni cosa , comprese le fotografie, appartenuta ai cari genitori. C’é un piccolo dettaglio, l’abitazione paterna é sita in un luogo piú prosaico di Canal Grande, in una modesta Via della Repubblica. Scherzi a parte , mi interesseró sicuramente alla ricerca e se essa sará fruttuosa avró grande piacere a trasmetterne una copia. Per ora cordiali saluti nel ricordo commovente dei nostri.

          • Raffaele Greco says:

            Grazie infinite.
            La mia email e’ baule8@yahoo.it
            Se suo padre era anche lui del 383° rgt, 19a div “venezia” potrei avere anche io foto che lo ritraggono.
            Grazie ancora e cordiali saluti.
            Raffaele Greco.

  43. Negri Francesco says:

    https://uploads.disquscdn.com/images/e8021d5b2049cbf742a93a3c6f46036745c04ae73ea4df933f67c8c2c4c41f1f.jpg Anche mio padre classe 1921 era a Wiezendorf Sten Negri Gianfranco

  44. Clara Sestilli says:

    Prego i familiari di Pietro Testa di indicarmi la data di morte del loro caro, se avvenuta, perché nel pubblicare le memorie di prigionia di mio padre Riccardo Sestilli ufficiale internato in più Lager e da Febbraio 1945 a Wietzendorf, vorrei inserire il documento di denuncia del comandante P. Testa al comando britannico dei crimini nazifascististi, al campo ,esposti in dettaglio in 8 pagine. Sarò grata dell’aiuto e del possibile inserimento del documento , se non saranno posti impedimenti del tipo SIAE.

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